L'URGENZA È UN'ILLUSIONE

 


Abbiamo deciso noi di misurare il tempo, proprio come ci siamo messi in testa che ci opprime. In un certo senso, ci siamo tirati la zappa sui piedi e adesso ci stupiamo di non riuscire a camminare. Blaise Pascal considerava il tempo una di quelle nozioni evidenti che, pur mettendo d'accordo più o meno tutti, rimangono indefinibili. In effetti, il tempo scandito dall'orologio è ormai un dato di fatto, universalmente accettato. Nessuno si sognerebbe di contestare la suddivisione dei giorni in ore o degli anni in mesi. Utilizziamo ovunque le stesse misure di tempo, per cui, per esempio, il passaggio da un anno all'altro avviene sempre alla 00:00 del 31 dicembre e, anche se il fuso orario varia a seconda del paese, in ogni parte del mondo si festeggia il Capodanno alla fine dei 12 rintocchi. Ciò che invece cambia da persona a persona è la percezione dello scorrere del tempo nella propria esistenza: ciascuno di noi ne ha infatti un'immagine diversa e lo adatta a seconda dei suoi bisogni. Per tutta la vita cerchiamo di far coincidere il tempo fisico, stabilito dall'orologio, con quello psicologico, la <durata interiore>, vale a dire il tempo vissuto nella nostra coscienza. La parola coscienza, che deriva dal latino cum scientia (letteralmente, accompagnato dalla coscienza), indica che, mentre agiamo ne abbiamo la piena e totale consapevolezza. La stessa cosa accade tutte le volte che pensiamo o proviamo una sensazione. Di conseguenza soltanto l'essere umano cosciente è in grado di trovare il proprio posto e di adattarsi al ritmo del mondo circostante. I tempi della coscienza sono 3: il presente del passato, ossia la memoria, il presente del presente, il <qui e ora>, il presente dell’avvenire, cioè l'attesa. La capacità di proiettarci nel futuro ci consente di immaginare eventi vicini e lontani, il domani come gli ultimi giorni della nostra esistenza. Sapendo di dover morire, l'uomo si impone volontariamente di vivere nell'urgenza. Essere consapevoli dello scorrere del tempo condiziona dunque le nostre scelte e ne stabilisce le modalità di realizzazione. Per sottrarci all'angoscia delle scadenze dobbiamo smettere di considerare sacro il tempo, cancellandone i limiti con la nostra immaginazione. Molte religioni coltivano il desiderio di eternità attraverso miti di resurrezione, reincarnazioni, vita in un altro mondo. Riflettere sul tempo equivale quindi a meditare sulla vita, ma senza necessariamente angosciarsi per la sua fine. Secondo il filosofo Martin Heidegger, l'esperienza della morte racchiuderebbe anzi la chiave della felicità, poiché solo se siamo consapevoli di non essere eterni possiamo vivere ogni istante intensamente, dando così un senso all'esistenza e godendo di un’autentica felicità. Purché si approfitti appieno del qui e ora prima che sia troppo tardi. Dal momento che il tempo a nostra disposizione è limitato, fare di tutto per essere felici non è forse l'unica vera urgenza?

Nessun commento:

Posta un commento