"È RISAPUTO CHE NON BASTA PRENDERSI IN CASA UN BAMBINO ADOTTATO ED AMARLO" Donald Winnicott ( 1896 – 1971)







Molti credono che se un bambino ha sofferto per un'educazione priva di amore e sostegno, sarà capace di stabilirsi e crescere felice in una nuova famiglia che gli dà ciò di cui ha bisogno. Tuttavia, benché la stabilità e l'accettazione aiutino a gettare le fondamenta su cui un bambino può crescere e trovare una condizione esistenziale sana, queste qualità rappresentano soltanto una parte del necessario. Primo pediatra inglese con una formazione psicanalitica Donald Winnicott, aveva una visione tutta sua del rapporto madre- neonato e del processo evolutivo dei bambini. Fu fortemente influenzato da Sigmund Freud ma anche dagli scritti di Melanie Klein, in particolare quelli riguardanti sentimenti inconsci della madre e di chi si prende cura del neonato. Winnicott iniziò la carriera lavorando con i bambini sfollati durante la Seconda guerra mondiale ed esaminò le difficoltà che dovevano affrontare quelli che cercavano di adattarsi a una nuova famiglia. Come osserva nel suo saggio l'odio nel controtransfert “è risaputo che non basta prendersi in casa un bambino adottato ed amarlo”. In realtà i genitori devono essere in grado di prendere in casa il bambino adottato e di tollerare il fatto di odiarlo. Winnicott sostiene che un bambino può credere di essere amato soltanto dopo essere stato odiato; sottolinea che il ruolo svolto nella guarigione dalla tolleranza dell'odio non può essere sottovalutato. Winnicott spiega che quando un bambino è stato privato di un'adeguata educazione da parte dei genitori e gliene viene concessa l'opportunità in un sano ambiente familiare, come una famiglia adottiva o affidataria, inizia a sviluppare speranza inconsce, alle quali è però associata la paura. Quando un bambino è stato deluso in maniera così devastante in passato, quando non sono state soddisfatte neppure le sue esigenze fisiche o emotive di base, scattano le difese: forze inconsce che lo proteggono dalla speranza che può portare la delusione. Queste difese, sostiene Winnicott, spiegano la presenza dell’odio. Il bambino “esterna” in un accesso di rabbia contro la nuova figura genitoriale, esprimendo odio e, a sua volta, invocando odio da chi si prende cura di lui. Winnicott definiva quel comportamento una “tendenza antisociale”. A suo dire, per un bambino che ha sofferto, la necessità di odiare ed essere odiato e più profonda persino della necessità di ribellarsi, e la tolleranza dell'odio da parte di chi lo accudisce è un fattore essenziale per la sua guarigione. Winnicott dice che il piccolo deve essere consentito esprimere odio, e che i genitori devono essere capaci di tollerare tanto l'odio del bambino quanto il proprio. E’ un'idea che turba, e ci si vorrebbe opporre all’odio che si sente salire dentro di sé e che genera sensi di colpa perché il bambino ha già dovuto affrontare tante difficoltà. Eppure, si sta comportando apposta in modo odioso con i genitori, proiettando le esperienze passate dell'abbandono sulla realtà presente. Il bambino orfano o con una famiglia disgregata, passa il tempo a cercare inconsciamente i genitori, e così sentimenti suscitati dai rapporti passati vengono trasferiti su un altro adulto. Il bambino ha interiorizzato l'odio e lo vede anche se non c'è più. Nella sua nuova situazione ha bisogno di capire cosa succede quando l'odio è nell'aria. Winnicott spiega: ciò che accade è che dopo un po’ un bambino adottato inizia a sperare, e quindi comincia a verificare l'ambiente che ha trovato e a cercare le prove che il suo tutore sappia odiare con obiettività. Un bambino ha molti modi per esprimere odio e dimostrare di non essere degno d'amore. Quest’indegnità è il messaggio che gli è stato trasmesso dalle precedenti esperienze negative con i genitori. Dal suo punto di vista, il piccolo sta cercando di proteggersi dal rischio di dover provare amore o di essere amato a causa della possibile delusione che accompagna quella condizione. 





Affrontare l’odio 

Le emozioni che l'odio del bambino suscitano i genitori, come pure negli insegnanti in altre figure autoritarie, sono molto reali. Winnicott ritiene essenziali che gli adulti ammettono questi sentimenti anziché negarli, il che potrebbe sembrare più facile. Devono anche capire che logo del bambino non è personale; stai esprimendo con la persona che è presente adesso l'ansia per la sua precedente situazione infelice. Ciò che la figura autoritaria fa con il proprio odio, ovviamente, è della massima importanza. La convinzione del bambino di essere cattivo e indegno di amore non deve essere rafforzata dalla reazione dell’adulto; questo deve semplicemente tollerare i sentimenti di odio e capire che fanno parte del rapporto. È l'unico modo in cui il bambino si sentirà al sicuro e saprà formare un attaccamento. Per quanto amorevole possa essere un nuovo ambiente virgola non cancellerà il passato del bambino; ci saranno sempre sentimenti residui derivanti dalla sua passata esperienza. Per Winnicott non esistono scorciatoie. Il bambino si aspetta che i sentimenti di odio degli adulti li portino a rifiutarlo, perché è ciò che è già accaduto; quando l'odio non porta al rifiuto ed è invece tollerato, può iniziare a svanire. 



Un odio sano 

Anche in famiglie psicologicamente sane con bambini che non sono stati sfollati, Winnicott ritiene che l'odio inconscio sia una componente naturale ed essenziale dell’esperienza genitoriale e parla di odiare nel modo giusto. Melanie Klein aveva ipotizzato che il bambino provasse odio per la madre, ma Winnicott pensa che questo sia preceduto dall’odio della madre per il piccolo e che, ancora prima, ci sia un amore straordinariamente primitivo o “spietato”. L'esistenza del bambino richiede moltissimo alla madre, sia dal punto di vista psicologico sia fisico, e questo suscita in lei sentimenti di odio. 



Un approccio realistico 

Per quanto alcune sue idee possano apparire scioccanti, Winnicott ritiene che si debba essere realistici nel crescere dei bambini, evitando il sentimentalismo in favore dell’onestà. Ciò ci mette in grado da piccoli, e poi da adulti, di riconoscere e affrontare sentimenti negativi naturali e inevitabili. Winnicott è realistico e pragmatico; si rifiuta di credere al mito della “famiglia perfetta” o di un mondo in cui qualche parola gentile ha il potere di cancellare tutti gli orrori che l'hanno preceduta. Preferisce vedere l'ambiente gli stati mentali della nostra esperienza come sono davvero, e ci chiede di fare altrettanto, con coraggiosa onestà. Le sue idee, pur esercitando un enorme influenza, non rientrano in una sola scuola di pensiero e continuano ad avere un forte impatto sull’assistenza sociale, la pedagogia, la psicologia dello sviluppo e la psicanalisi a livello mondiale. 

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