LA NUOVA CRISI DI MEZZA ETÀ


Oggi la vita comincia a 50 anni: per questo la crisi di mezza età non riguarda più invecchiamento, ma la necessità di trovare un nuovo baricentro per vivere al meglio la “seconda metà”.

 Una volta c'era la crisi di mezza età, un misto di depressione, pessimismo e disorientamento che colpiva gli uomini sui 40 o 50 anni e le donne durante il passaggio alla menopausa. Una crisi che, seppur in modi diversi, era incentrata sul tema dell'invecchiamento. Per l’uomo il numero della decade attivava la certezza che ormai il meglio della vita fosse passato e che ora inizia la fase calante; per la donna il passaggio dall’età fertile a quella non più fertile produceva una perdita di parte dell'identità e della femminilità, spingendo verso la terza età. Erano tempi molto diversi, nei quali l'età media era inferiore e la psiche era calibrata su tappe tradizionali socialmente definite in modo rigido e stereotipato. Poi, dagli anni '90 in poi, tutto è cambiato e la crisi di mezza età è diventato un termine obsoleto e, sostanzialmente, inapplicabile alla realtà attuale. Oggi, infatti, la mezza età non esiste più.


 Un 50enne o una 50enne di oggi si sentono ancora nel pieno della vita, sono più curati e più sani di un tempo, sanno di vivere mediamente meglio e di più, hanno stimoli e modi per passare il tempo e fare progetti. Per la donna poi la menopausa non è più uno spauracchio, anzi, in diversi casi segna la possibilità di vivere una sessualità più libera. Inoltre, la tecnologia digitale, in tutti i suoi aspetti, ha allungato di molto la vita adulta attiva: aiuta l'attività fisica, le relazioni, i viaggi, la conoscenza, le idee. Tanto che molti adulti attuali si innamorano come dei giovani e degli adolescenti. I quarant'anni non vengono proprio considerati come problema, mentre i 50 anni sono l'occasione per dimostrare, agli altri e a sé stessi, quanto informa vi si è arrivati. Eppure, una crisi psicologica, in molti casi, arriva comunque.  Solo che il suo significato diverso e, per tanti versi, più costruttivo. È una crisi che può presentarsi in una fascia che va dai 35 ai 55 in vari modi: in forma di depressione moderata, di attacchi di panico, dei disturbi psicosomatici (cefalea, tensioni muscolari, gastriti), di ansia al risveglio, di perdita di senso, di scarsa motivazione, di insofferenza e insoddisfazione costanti. Non è un caso, del resto, che questo ventennio sia quello in cui ci si rivolge di più alla psicoterapia o si cercano nuove esperienze e interessi, spesso volti a conoscersi meglio e a trovare un miglior equilibrio. Per spiegarla potremmo chiamare in causa Dante Alighieri, che, al di là dei significati storico-teologici, la descrive benissimo nella Divina Commedia. Inizia, come tutti sappiamo, “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, quando ci ritroviamo in una selva oscura, avendo smarrito la via già segnata. L’allegoria non è con la crisi di mezza età, ma con un momento della vita di Dante (i suoi 35 anni) in cui egli si sentiva smarrito perché i consueti riferimenti culturali, politici, sociali, religiosi, ma anche interiori non lo aiutavano più nel suo percorso di vita. Serviva un cambiamento profondo. La selva oscura rappresenta quella condizione in cui molti di noi si ritrovano a un certo punto: la perdita delle certezze, il nonsenso di un destino già scritto, il disorientamento e la paura per una fase ignota che ci aspetta e di cui non sappiamo nulla. Ecco perché potremmo chiamarla “la crisi del mezzo del cammino”: perché noi stavamo vivendo normalmente, quand’ecco che qualcosa ci impedisce di andare avanti come prima. Di cosa si tratta? la risposta, pur nella peculiarità delle vite di ognuno, è questa: la personalità della prima parte della vita ha svolto il suo compito, ora ne serve un'altra che sappia affrontare pienamente il periodo della maturità. Non si tratta di un malessere senza senso o dell'età che passa, ma, al contrario, di un disagio ricco di senso, che vuole farci vivere bene l'età che ha da venire. Serve un Io rinnovato, con un nuovo baricentro, solo che, per ottenerlo, bisogna passare da un periodo di travaglio interiore, che porti a una nuova conoscenza di sé. Il percorso di Dante, sia come poeta che come personaggio della commedia, è quindi un viaggio volto a incontrare i tanti aspetti della propria parte Ombra (i tanti personaggi presenti nell’opera), che vanno integrati in una nuova concezione di sé che permetta di “ritornare a veder le stelle”, cioè a vivere in modo sereno e consapevole, forte di una nuova maturità. Non è lontano da quello che lo psicanalista Jung chiamava “processo di individuazione”, cioè una maggiore messa a fuoco, una nuova centratura della personalità per affrontare la seconda parte della vita. Insomma, prima di bollare una crisi, in questa fascia d'età, come pura depressione, cerchiamo di capire se non si tratti proprio di una “crisi dantesca”, cioè del primo fondamentale momento di una necessaria trasformazione della personalità. Se infatti la spegnessimo con gli psicofarmaci o la combattessimo con altre tecniche, andremo a ledere un passaggio essenziale della nostra vita, e allora sì che avremmo davvero smarrito la via. Non facciamoci quindi prendere dalla paura: il sommo poeta che è in noi - in psicologia del profondo si chiama il maestro interiore - ci sta portando a un nuovo modo di essere. È il caso di seguirlo.        


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