Ipocondria: il bisogno ossessivo di occuparsi di sé

 


Nella costante paura di ammalarsi emerge, in forma rovesciata, un bisogno non riconosciuto di attenzione, di cura, di essere visti, che la persona non riesce ad ammettere né a soddisfare. Vediamo come affrontarlo. Nell’ipocondria, l'attenzione del soggetto è tutta sul corpo. La mente è costantemente in ascolto per sentire se qualcosa non va, ma non è un ascolto obiettivo, perché già in partenza è dominata dal terrore di avere qualcosa di grave, che di solito è riconducibile a una o più delle seguenti patologie: infarto, ictus e tumore. Ma anche quando non c'è alcun sintomo la persona, che ha sviluppato un’ipersensibilità verso il proprio corpo, attribuisce significato di sintomo grave a sensazioni del tutto fisiologiche, ad esempio i rumori della peristalsi intestinale, e può anche percepire un sintomo dove non c'è.

Il fatto che a nulla valgono le rassicurazioni dei medici e la negatività degli esami diagnostici, indica che l’ipocondria è la modalità insopprimibile attraverso la quale il soggetto sta esprimendo qualcosa di fondamentale per la sua vita, di cui però egli è completamente inconsapevole. Questa iper-attenzione per il corpo è il modo scelto dall’inconscio per indicare l’urgente necessità che la persona si occupi di se stessa: cioè che guardi dentro di sé per risolvere conflitti o elaborare traumi, che si ricollochi in scelte di vita che sente più autentiche e adatte alle proprie caratteristiche, che approdi a un'immagine di sé più stabile e adulta. Una psicoterapia è quindi lo strumento migliore per risolvere queste situazioni.

Ma da dove nasce questo disturbo, tanto strano quanto debilitante? In breve, l’ipocondria è simbolo dell’esilio da sé stessi ed il bisogno di tornare ad abitarsi. Alla base dell’ipocondria ci sono di solito traumi emotivi risalenti all'infanzia o alla prima adolescenza, oppure eventi negativi recenti che hanno fatto riaffiorare vecchie fragilità irrisolte. Piuttosto comune è un vissuto di prolungata precarietà affettiva. Non è raro, tuttavia, che essa si presenti come il sintomo di un eccessivo sbilanciamento verso l'attività mentale a scapito di quella corporea, e in tal caso rappresenta il richiamo di un corpo che vuole tornare a essere considerato e vissuto con pienezza.

Un approccio psicosomatico impedisce che diventi cronica. L'ipocondria non arriva per caso: c'è sempre un motivo ed è di ordine psicologico. Allo stesso modo, una volta insorta non guarisce per caso: il problema deve essere affrontato e riconosciuto, anche perché si tratta di uno dei disturbi psichici che diventa cronico con maggiore facilità e può durare anche molti anni, fino a trasformarsi in modo d'essere. L'aspetto su cui agire è il rapporto con sé stessi ovvero con l'immagine di sé, con il proprio valore, con il corpo, con le proprie emozioni e fantasie. È possibile superarla con una psicoterapia e con tecniche corporee a impronta psicosomatica. In tal modo il problema viene visto su due piani, corporeo e mentale, impedendo al disturbo di trovare nuove forme di sopravvivenza.

Chi è più a rischio? Giovani adulti che sacrificano completamente o quasi l'attività fisica, sentimentale e sessuale in nome dello studio, spesso vissuto solo con la gratificazione narcisistica o unica modalità di affermazione di sé. Di solito ci sono alle spalle forti aspettative genitoriali. Persone eccessivamente dedite alla professione alla carriera, che hanno smesso di coltivare la propria dimensione interiore e tolto ogni spazio a bisogni primari come il gioco, l'erotismo, lo svago. Persone con un vissuto difficile traumatico, a cui è accaduto di recente un evento negativo (lutto, separazione, perdita di lavoro ecc.). Persone dotate di scarsa attitudine all' introspezione e tendenti a banalizzare o ignorare le problematiche psicologiche, sia proprie sia degli altri.

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